
Chi l’ha detto che a
Natale siamo tutti vaccinati? A chiedermelo in questo momento è una pubblicità della
"Lista dei desideri" di Save the Children che propone regali quantomeno inusuali: un vaccino, un albero da frutta, un pallone o, perchè no, uno
yak.
I destinatari sono bambini molto meno forunati di quelli che vedo in giro da queste parti, pieni di grasso, di cellulari e di menate.
Ma in realtà la domanda sul vaccino natalizio mi gira in testa da sabato, da quando mi sono resa conto di essere di un umore tra il pessimo e il torvo. E ho capito che io, più che altro, non sono vaccinata AL Natale.
Lo so che a trent'anni dovrei aver superato la fase "Oh ma è un'inutile festa capitalista che ha perso ormai tutto il suo senso" (frase che, pur enunciando una grande verità, fa un po' troppo Kollettivo con la k).
E poi temo non sia nemmeno la nausea da consumismo sfrenato il vero motivo di questa insoddisfazione strisciante. Credo sia una sorta di vuoto che, chissà perchè, forse per un riflesso recondito o per un retaggio culturale, a Natale grida più forte la propria presenza.
Molte mie amiche non stanno messe meglio, e quindi condividiamo in allegria questi vuoti fin troppo presenti.
Guardo ancora l'annuncio della
Lista dei Desideri. Per una volta in vita mia penso che vorrei tanto avere una
suocera, di quelle che il regalo lo pretendono, e che più è grosso meglio è, per regalarle uno
yak.
A me resterebbe la doppia soddisfazione di aver comprato qualcosa di veramente
utile, a lei un biglietto che certifica la donazione fatta a suo nome. E in grado di provocarle per mesi attacchi di
bile.